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Aldo Gerbino (2001)
Dove vai?

"Dimmi, bella fanciulla:dove vai? La barca spiega le vele e la brezza soffia leggera".
Maurice Prendergast (1859-1924)

Una geologia pregnante urge dal trofismo di questa materia pittorica. Una materia di­ventata oggetto d'espressione, frantume di un qualcosa che vuol narrare l'interiore gioia, la sua essenza, il disco umorale della sua metamorfosi. Così nelle Rocce, un'opera di Giu­seppe Puglisi realizzata nel 2000, s'impone, per compattezza e determinazione, una sor­ta di sintesi del suo precedente lavoro creativo; una certa, densa narrazione, animata dal­la vogliosa disponibilità a segnare quel suo dilemma, un rovello, d'interno paesaggio mo­lecolare, che coinvolge ogni cosa. Tutto questo, Puglisi lo attrae in una personale, idonea, espressività informale; un modulo pronto a riemergere dalla griglia limitante della figu­razione, dal suo obbedire al tempo dell'istinto, sollecitato a captare quanto di iconico e di aniconico cola dal registro pittorico. Rocce, nella vocazione alla sintesi, ci consegna, a suo modo, devozione alla pittura, restituendo un tattilismo materico pieno di verve, ma, soprattutto, effondendo una contratta e implosiva luminosità. Potremmo affermare che buona parte del tessuto pittorico di questo artista appaia quasi folgorato da una luce stra­niante, per evidenziare (come in una termografia) aree calde e fredde di oggetti, corpi, ove si scandagliano, più che forme, contenuti di esse, il loro umore, le concrezioni. Così i Fiori (2000-2001) tracciano la propria essenza, il pigmento, affrontando il teatro della loro epifania, attraverso una discontinua dilacerazione cromatica, calati in una commi­stione compresa tra valori formali e informali, sospinti nella loro interezza dall'urgenza del racconto interiore. Ora i petali, bianchissimi, si offrono diffratti (straziati) dal fascio luminoso; ora, invece, sembrano trovare sostegno nell'apparente vuotezza del nero, altre volte, il giallo o il verde sconvolgono la matrice di un azzurro livido su cui essi, creature sanguinanti, sopravvivono. Il contrasto tra macerazione e germinazione, palmare in que­sti dipinti, suggerisce all'artista come essa rifiuti ogni destituzione. La pittura viene affermata attraverso tale lavoro, può vivere di se stessa e trasformare ogni novella figura­zione nell'ombra e nel pensiero attivo del reale. Una realtà che assorbe i valori di un im­pressionismo culturale spesso ossessivo, in un'ottica naturalistica, mossa da un'istintiva percettività legata alla osservazione, mediata dai pigmenti che oscillano in riflessi, quasi propaggini di inquiete visibilità, icone che assorbono anche la modernità dell'estetica pub­blicitaria, oppure pronte a rivisitare le frammentazioni prossime ad un'ossatura cinema­tica. Su tutto, oggi, vibra la franca disponibilità alla pittura d'impatto tonale, alla crisi tra luminosità e umbratili spigolature, contrapposte, quali massiccio confine, a corpi ben de­finiti, svolti anche con cipiglio espressionista (si veda il recentissimo Cane); a volte fram­menti disarticolati tra nuvole, malinconicamente compresi tra piani compositivi delineati da finestre, griglie avvolte su "città" aggredite come da un volo radente, in notturna o cre­puscolare avanzata, e dove affiorano lumi impropri, fuochi commisti a terra, a cemento, crepitii e frange di materia urbana (Città, 2001). Una città, comunque, pronta ad accen­dersi (così recita una tela del 1997), ma anche disponibile a covare dentro calore e inti­mo colore della sua anima. Se, per Puglisi, sono stati fatti dalla precedente critica (Giuf­frè, Goldin, Nifosì) riferimenti oscillanti tra nuova figurazione e realismo esistenziale, ve­nato di un giovanile lirismo (l'imprigionamento spaziale di Amanti giustifica il rimando a Tornabuoni, come le lacerazioni e la perdita di materia, il ricondurre alla disorganicità di Sarnari), il 'plot' di questo autore accoglie, nel suo alveo pregno di sollecitazioni, al­tre terminologie figurative: bagnanti, piscine, corpi nuotanti, rematori. Un gusto illumi­nato da uno smalto americano (così come fu per Tornabuoni nel superamento dei codi­ci nutrizionali della Scuola romana: da Thomas Eakins a Prendergast). Non vi è nelle pi­scine di Puglisi il nitore geometrico dello Splash (1967) dell'anglosassone David Hock­ney; qui ci s'immette con sensitiva determinazione nel medium acquatico. Vi si osserva una fusione della pittura con le molteplici componenti naturali (corpo, acqua, strumen­ti), affinché tutto possa convertirsi e dipanarsi in una calda, coinvolgente, mediterraneità. Risuonano, come eco lontana in vago ritornello, i versi sussurrati da Prendergast quan­do ritraeva i giovani felicemente nuotanti nel Fiume (amava molto questo tema, ricorda James T. Flexner): "Dimmi, bella fanciulla: dove vai ? A far riposare le pupille, poi, in­tervengono gli azzurri perforati da gialli impercettibili, mentre il fuso osseo d'una nave trafigge l'orizzonte: si apre a nuove sofferte tensioni, raggela, oscuramente, il tempo ine­narrabile della sera.

Aldo Gerbino
Dove vai?
in catalogo della mostra
Galleria La Marzia Palermo 2001

 


   
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Genova, Palazzo Ducale
9-30 gennaio 2011
 
 
 
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