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Anna Cuomo (2009)
L'occhio che illumina l'indispensabile

"Un'opera d'arte è un angolo della creazione visto attraverso un temperamento."
Émile Zola

Una nave solca le falde dell'Etna prima di svanire nel punto da cui la via Lattea l'osserva mentre l'attende. Sassi e frammenti di legno assistono intanto alla compenetrazione tra uomo e natura grazie al potere di una luce che rende invisibile ciò che non coglie.
Queste sono solo alcune impressioni della realtà percepite da Giuseppe Puglisi, artista che riesce a ricomporre pittoricamente una visione del quotidiano personalissima ma reale, che da sola si trasfigura simbolicamente. Visione intesa, come da etimologia del termine, la funzione sensoriale per la quale gli occhi pongono gli uomini in rapporto con il mondo esteriore, grazie all'intermediazione della luce. Una luce che innalza verso un iperuranio, a cui si accede attraverso le stelle, quei frammenti di vita osservata.
Perché a volte l'essenziale è visibile agli occhi, ma solo se si sa come guardare.
Un colloquio con Giuseppe Puglisi può insegnarti sia a osservare il reale, sia a farti capire come si dipinga. La sua abilità nasce soprattutto da due elementi: una grande capacità tecnica e una sensibilità spiccatissima, non solo nell'arte ma anche nella vita.
Una delicatezza dello sguardo che trasforma un'usuale passeggiata al porto in una percezione altra: la fiancata di una nave in penombra diventa una colata di lava materica e si trasferisce sulle pendici dell'Etna. La consistenza fisica dell'imbarcazione osservata è una correspondance, che si rende visibile quando il pennello intriso di massa ne delinea il contorno curvo e lucido e la trasforma nel punto di passaggio ritmico tra la terra e il cielo, oppure dal vulcano alla nave. L'artista ha davvero visto un veliero tra le falde dell'Etna; un altro luogo dove l'uomo, per dominare e far godere della bellezza della natura, ha creato strutture funzionali ai suoi scopi che a volte ne snaturano l'essenza.
Gli alberi metallici altissimi, collegati tra loro da cavi d'acciaio, compongono la funivia ma possono essere confusi da lontano per gli alberi di una nave. È da tutto ciò che scaturisce la silhouette dello yacht che naviga su un mare di asfalto.
In una realizzazione del genere ha eguale importanza la sapienza nell'uso degli impasti di colore.
La pittura sfumata e sottile del risultato finale sgorga dall'accumulo delicato di pennellate di differenti gradazioni tonali. Si crea quell'impalpabilità del cielo che sale e passa impercettibilmente dalle tinte morbide dei grigi rosati ai merletti coperti dai blu crepuscolari. Il pittore può accostare la materia spessa alla base con disinvoltura perché ne ha piena padronanza; mentre la raffinatezza dei cieli, lievemente forati dai minuscoli cunicoli per l'infinito, deriva da un modo di dipingere connaturato al fare dell'artista, la capacità di modellare la materia è stata appresa dopo lunghi studi. Una sorta di violenza alle sue caratteristiche naturali, per imparare a gestire consapevolmente e senza contraddizioni la valenza plastica della inserimento materico.
Le velature del cielo si condensano creando una consistenza fisica, come avviene nel paesaggio antropomorfico su cui giacciono i doni della bassa marea.
Sassolini, legnetti sporchi di salsedine, granelli di sabbia finissima sono apposti sulla tela come frammenti di dolci memorie, di cui l'orecchio, punto di fuga del dipinto, può ascoltare gli echi. La luce vi si riflette e l'azzurro raffinato del cielo è da queste piccole pietrine di ricordi illuminato.
La luce rivelatrice ha qui un ruolo fondamentale, lambisce le curve fra collo e nuca come farebbe il tocco leggero delle dita che si schiudono in una carezza. Illumina e definisce l'indispensabile, il particolare che l'artista vede e sceglie di mostrare. È una luminosità che allo stesso tempo oscura e sfuma, confonde il volto col cielo e svela l'immensità a cui quel corpo si ricongiunge. Anche le pieghe dell'indumento, unico elemento che definisce l'incedere del soggetto rappresentato nell'azzurro dell'orizzonte, sono modulate da quella luce che rende corpo e conferisce plasticità alla figura. Un modo di dipingere che fa sentire l'abbraccio che quelle aggiunte materiche rappresentano: secondo l'artista "quando due corpi s'incontrano, là dove s'incontrano, se si spingono l'un l'altro c'è come un'increspatura, quell'increspatura è come se fosse la materia che io sto rappresentando". Incontro dunque, di quella massa con un'altra, in una fusione che appartiene anche all'immenso mare, cielo, spiaggia che sono rappresentati alle sue spalle. Se trasfigurazione non è, lo diventa nella poesia di quell'unione: di tinte, soffi, tocchi leggeri e consistenza dei sassi, che forse di salsedine profumano ancora.
Tutto in una visione totale di uniformità ed equilibrio perfetto che si raggiunge nell'oltre, nell'aldilà di quelle visioni: impressioni a cui si può scegliere di dare consistenza, o di lasciare nascoste sotto la pittura, in un disegno che va ben più lontano dello spazio scandito dai bordi della tela.

Anna Cuomo
L'occhio che illumina l'indispensabile
in Italia Dipinta
Milano 2009

 


   
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Genova, Palazzo Ducale
9-30 gennaio 2011
 
 
 
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